Home / Vivere la Città / Il Novecento
Nel corso del Novecento la Città di Alessandria è
teatro di importanti realizzazioni architettoniche ad opera dell’architetto
milanese, Ignazio Gardella e della committenza di Teresio Borsalino. Al
Borsalino si devono, tra le altre cose, la costruzione dell’acquedotto e delle
fognature, la realizzazione del sanatorio antitubercolare ’Gardella’ e la Casa
della Divina Provvidenza.
Durante gli anni del Fascismo si procede con la costruzione del Palazzo delle
Poste e Telegrafi con i mosaici di Gino Severini. L’architettura di questo periodo
presenta forme pure ed essenziali, volumi simmetrici e privi di decorazioni,
ampie finestre, intonaci lisci e chiari, alternati a toni più scuri, mai
eccessivi, chiari influssi dell’architettura del Nord- Europa.
Realizzato tra i 1931 ed il 1933 come sede del Palazzo del Consiglio dell’Economia Corporativa , fu realizzato dall’ingegnere torinese Giovanni Chevalley. Ha ospitato dal 1933 al 2011 gli uffici della Camera di Commercio. Il palazzo ha una superficie utile complessiva pari a circa 1.900 metri quadri, ed è strutturato su quattro piani. Al piano terra si trova il salone attrezzato a spazio espositivo, che all’occorrenza può essere adibito anche a sala conferenze, essendo dotato delle necessarie strutture tecnologiche. L’ambiente ha conservato il suo aspetto originale, architettonicamente rilevante, con il rivestimento in marmo, i lampadari in vetro di Murano, una grande pittura murale, eseguita dall’artista Gianni Patrone su probabile bozzetto di Alberto Caffassi, nonché la scala d’onore in travertino, modellata sull’esempio dei palazzi nobiliari barocchi. Il secondo e terzo piano, ristrutturati secondo i più rigorosi standard museali, sono adibiti a sede espositiva. Gli uffici occupano esclusivamente il terzo piano, mentre la zona caffetteria e ristorante, caratterizzata da una copertura in cristallo, si affaccia sul cortile interno e sulle terrazze delle case circostanti.
Voluto dal mecenate, Teresio Borsalino è intitolato a Madre Teresa Grillo Michel; realizzato su progetto degli architetti Arnaldo Gardella e Luigi Martini, ha uno stile raffinato ed essenziale con richiami alla cultura architettonica rinascimentale.
In questo edificio compì i primi passi l’opera sociale e assistenziale di Madre Teresa Grillo, fin dal 1893. Nel 1927 il senatore Teresio Borsalino, dopo aver realizzato una nuova e più grande sede per l’opera Divina Provvidenza al quartiere Orti, finanziò la sistemazione della vecchia Casa Madre per farne la sede amministrativa e di noviziato per le suore.
Riconosciuto come una delle espressioni più significative dell'architettura italiana degli anni Trenta e oggi intitolato allo stesso Gardella, il Dispensario viene realizzato come presidio di prevenzione di una delle malattia più terribili che il secolo, appena concluso, abbia conosciuto. L'edificio, destinato a prestazioni ambulatoriali, informazioni, analisi diagnostiche, terapie ed eventuali brevi ricoveri, è pensato dal progettista come un organismo rigorosamente funzionale, ma con, al tempo stesso spazi interni accoglienti e luminosi. L’architettura presenta peculiarità stilistiche gardelliane come l’impiego di materiali innovativi (il vetro-cemento della facciata) uniti al recupero di elementi che richiamano il contesto contadino rurale come la parte in graticcio di mattoni che ricorda le case coloniche locali.
Realizzato su progetto di Ignazio Gardella, poco dopo il Dispensario, ne continua la ricerca sulle forme e sui materiali. L’edificio è un corpo parallelepipedo isolato, con larghezza ridotta sul lato sinistro per conferire maggiore snellezza alla struttura. Leggermente in aggetto sul lato destro, la sua muratura è alleggerita dall’inserimento del vetro cemento che crea effetti di notevole valore luministico all’interno. La pianta è stata studiata per permettere una libera organizzazione interna in ambienti di diversa grandezza, mantenendo però costanti per ogni ambiente, le condizioni di illuminazione ed aerazione. I due lati frontali sono dotati, ad ogni piano, di una finestra continua.
La struttura è legata all’attività progettuale di Ignazio Gardella: il padiglione all’ingresso fu progettato dallo studio del padre Arnaldo, mentre egli stesso progettò, nel 1934, il padiglione razionalista per le malattie infettive. La struttura fu poi demolita per far posto alla centrale termica.
Realizzato fra il 1960 ed il 1966 su progetto di Ignazio Gardella presenta un lungo fronte su cui si affacciano le aule, caratterizzato da finestre binate. Il fronte è completato dalla presenza di un corpo aggettante, alleggerito da finestre angolari e dalla presenza di una gradinata che costituisce il tetto dell’aula magna sotterranea.
Opera finanziata dall’industriale, Teresio Borsalino, nel 1935, su progetto di Ignazio Gardella. Il progetto, chiaramente all’avanguardia per i criteri residenziali dell’epoca, portò alla realizzazione di nuovi ed ampi saloni, spazi confortevoli e moderni servizi alberghieri. Di rilievo la sala mensa che si affaccia sul giardino interno e caratterizzata da esili colonne a sezione circolare. Presenta un cappella illuminata da finestre ad oblò dotata di una struttura e di un arredo liturgico di rigorosa essenzialità.
Inaugurato ad Alessandria nell'aprile del 1941, è un'opera decisamente singolare nel panorama dell'architettura realizzata in Italia durante il Fascismo. A lungo dimenticato, l'edificio viene riscoperto solo alla fine degli anni Ottanta grazie ai mosaici di Gino Severini che ne decorano il fronte principale. Presenta un'architettura, contraddistinta dal rigore delle forme e da un accurato impiego dei materiali di rivestimento e fu realizzato dall'architetto Franco Petrucci (1905-1982). Il palazzo composto da quattro piani e da un seminterrato, occupa un isolato quadrangolare con affaccio su piazza Libertà e via Mazzini. Le facciate principali sono rivestite in travertino, mentre quelle laterali sono ad intonaco lavorato ad imitazione della pietra. Gli interni presentano rivestimenti in marmo. Tutti i particolari di arredo, la grafica delle scritte ed i particolari costruttivi denotano la ricerca formale e sui materiali, tipiche degli anni’30 in Italia. All’architetto Petrucci, considerato uno dei giovani diplomati della Scuola di Architettura di Roma più promettenti, si devono nel corso degli anni Trenta progetti che ben figurano in alcuni dei maggiori concorsi promossi dal Regime per la realizzazione di opere pubbliche, e che incontrano il plauso dei sostenitori dell'architettura moderna nell'ambito dei più importanti allestimenti volti a celebrare l'ideologia fascista. Tuttavia proprio il carattere marcatamente moderno di questa costruzione che si scontra con il mutato indirizzo a cui, all'inizio degli anni Quaranta, l'architettura italiana è votata, ne sancisce di fatto l'oblio.
ll mosaico copre una fascia sulla facciata del palazzo delle Poste, lunga 38 metri e alta 1,20 metri. L'opera è dell’artista Gino Severini è stata pensata come elemento decorativo e didascalico per impreziosire le linee semplici e geometriche dell'edificio postale. Il mosaico, realizzato tra il 1940 e il 1941, raffigura la storia delle telecomunicazioni. La fascia è divisa in tre parti: le due ali laterali più corte rappresentano i quattro continenti; la parte centrale, più lunga, rappresenta le poste. Sulla sinistra i mezzi di trasporto terrestri, marittimi e aerei, e sulla destra il telegrafo.
Il Comune di Alessandria con un atto del 19 giugno 1950 autorizzò la Borsalino a costruire un fabbricato per la residenza dei propri dipendenti. Il progetto del palazzo fu affidato a Ignazio Gardella e fu ultimato nel 1952. Derogando alle norme fissate dal regolamento edilizio fu realizzato un edifico di otto piani, spezzato in tre parti, tra loro leggermente disassate. Realizzato da Ignazio Gardella è un capolavoro dell’architettura italiana degli anni Cinquanta. Le pareti hanno un andamento obliquo determinato dalla necessità di ridurre la larghezza degli alloggi in corrispondenza dei soggiorni passanti. Questo modo di progettare, a partire dalle necessità dello spazio interno, testimonia un atteggiamento tipico dell’architettura organica. La verticalità è accentuata ed esaltata dalle finestre a tutta altezza con ante a scorrimento, ed è interrotta bruscamente da un originale tetto piano sporgente. Il rivestimento in gres testa di moro si rifà al colore dei mattoni di scarto, troppo bruciati.
Edificio realizzato su progetto di Ignazio Gardella. Rispondeva rigorosamente alle necessità della produzione e presenta pertanto una parte elevata, risolta con il caratteristico pilastro a forma di T. le parti intonacate di colore bianco, con echi neoclassici, conferiscono a questo reparto industriale l’aspetto di un piccolo tempio del lavoro. Caratteristica della struttura è la grande luminosità.
Si tratta dell’ultima opera progettata da Gardella ad Alessandria che fu realizzata fra il 1984 ed il 1991. Viene costruita sul sedime della vecchia fabbrica Borsalino, di cui è stata conservata la parte destinata ad uffici, progettata dal padre Arnaldo. La struttura ha una destinazione polifunzionale (commercio, uffici, residenziale) con edifici modellati con altezze diverse che delimitano una grande corte pedonale con spazi destinati a parcheggi. Presenta una torre centrale a carattere residenziale e grandi finestre che evocano le aperture della vecchia fabbrica; l’attento uso dei materiali, gli studiati dettagli costruttivi sottolineano il legame con la tradizione, ma al tempo stesso la ricerca di novità.
Il sanatorio fu originariamente costruito nella prima metà degli anni Trenta con il contributo finanziario del senatore Teresio Borsalino che, con la donazione di ben 11 milioni di lire, ne consentì la costruzione. Fu progettato da Ignazio Gardella, su una superficie complessiva di 96.000 mq, riprendendo un progetto del padre, con l’obiettivo di creare una struttura ospedaliera all’avanguardia in campo sanitario e, nello stesso tempo, pregevole dal punto di vista architettonico. Il nucleo centrale ha un impianto tradizionale ad H su cui Gardella interviene conferendo all’insieme un aspetto decisamente razionalista con forme essenziali e geometriche. Inaugurato il 4 ottobre 1936 dal re d’Italia Vittorio Emanuele III, subì gravi danni in seguito alla alluvione del 6 novembre 1994 che pose fine di fatto all’attività della storica struttura sanitaria, divenuta, nel frattempo, presidio specialistico delle divisioni di pneumologia e di fisiopatologia respiratoria. Per far fronte a questa perdita per il sistema sanitario piemontese, prese corpo un progetto di recupero e rilancio in chiave moderna della struttura con una ristrutturazione finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e dalla Regione Piemonte che ne ha consentito la riapertura. Fa parte del complesso una chiesa, isolata dal resto, che si qualifica probabilmente come il primo progetto di architettura religiosa razionalista realizzato in Italia.
"Borgo Cittá Nuova" è il nome assegnato al progetto di recupero dell'area, nel cuore del quartiere Pista, un tempo occupata dalle officine dell'OLVA, storica azienda alessandrina. Il quartiere realizzato su progetto di Leon Krier e di Gabriele Tagliaventi, volto alla realizzazione di un quartiere urbano integrato secondo la tradizione della città storica piemontese, è frutto di una approfondita opera di analisi e rilettura del territorio cittadino. Gli elementi caratteristici del nuovo quartiere sono gli spazi aperti trattati come piazze porticate con l'utilizzo di elementi architettonici della tradizione per la creazione di un complesso di edifici misti, dove la presenza residenziale è stata arricchita da negozi, botteghe, studi professionali, una nuova filiale bancaria in modo tale da garantire vitalità al quartiere ed innescare un'operazione di rinascimento urbano. I portali sono arricchiti dall'uso del bugnato per garantire la continuità del fronte urbano in adiacenza alle palazzine.
Opera dell’architetto romano, Paolo Portoghesi, che abilmente ha fatto tesoro della lezione gardelliana realizzando un complesso residenziale sull’area della fabbrica Borsalino, in cui ha saputo reinterpretare in modo creativo il progetto, recuperando le peculiarità di Ignazio Gardella cui era stato affidato il disegno complessivo di tutta l’area, al momento della dismissione della fabbrica. Sono elementi degni di nota della struttura i balconi (retti da pilastri rastremati verso l’alto, secondo il tipico stile barocco), la valorizzazione delle finestre e il modo di liberare dal peso materico lo spigolo delle facciate, reso «leggero» dal gioco dei balconi e dalla loro armoniosa contrapposizione. Analogamente è da notare l’attenzione di Portoghesi al canone della coerenza rispetto alla presenza delle facciate degli immobili direttamente sulle strade quale elemento «comune» e tipico delle case alessandrine. Fra gli immobili è presente un giardino che si affaccia sul parco urbano sul retro della struttura.
Ristrutturato da Roberto Gabetti e Aimaro Isola, architetti che, al pari di Portoghese, hanno saputo recuperare elementi peculiari dello stile del maestro Gardella, soprattutto nella progettazione dell’ordine delle finestre giustapposte ed evidenti nella loro dimensione armonica verticale.
Fu inaugurata nel 1939 da Mussolini, in concomitanza con la stazione ferroviaria. Presenta una pianta ottagonale con alla sommità un grande piatto ovale per la regolazione dell’acqua. È realizzata in pietra e “apre” il percorso verso l’interno dei giardini e la città.