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Nel corso di questo secolo si assiste ad un radicale
rimodellamento degli spazi pubblici e
privati; l’architetto, Leopoldo Francesco Valizone, ne è protagonista
dal 1814 al 1853, ricoprendo l’incarico di architetto civico ed impegnandosi a
ridisegnare il centro storico della città. Nel 1833 viene istituita la
Commissione di Pubblico ornato che ha il compito di stabilire criteri di
uniformità con l’emissione di apposite ordinanze per la costruzione degli
edifici. Alessandria diventa così la terza città del Regno ed è soggetta ad
importanti trasformazioni che ne segnano la forte crescita economica: nel 1849
si introducono l’illuminazione a gas ed il telegrafo; nel 1854 viene inaugurata
la stazione ferroviaria; nel 1857 nasce il cappellificio Borsalino; nel 1886
viene introdotto il tram a vapore.
Ad Antonio Rossetti e Ludovico Straneo viene affidato il compito di progettare
l’espansione della Città con la demolizione dei bastioni napoleonici, poi
sostituiti da lunghi viali alberati. In città si avvertono i riflessi della ‘Belle
Epoque’ come testimoniano la Galleria Guerci, piazzetta della Lega (ex mercato
delle erbe) e piazza Garibaldi.
Dopo l’abbattimento, nel luglio del 1803, per ordine di Napoleone Bonaparte dell’antica cattedrale, sita in piazza della libertà, il Vescovo ed il Capitolo della cattedrale ottennero dal generale francese di poter erigere a nuova cattedrale la chiesa di San Marco collocata in piazza Giovanni XXIII. Questa chiesa era stata edificata nel XIII secolo ed era di proprietà dei Domenicani, finché nel 1797 non venne confiscata dagli occupanti francesi e trasformata in loro quartier generale.
L'edificio necessitava, perciò, di un laborioso lavoro di restauro: la sua ricostruzione, affidata all'architetto Cristoforo Valizzone, durò dal 1807 al 1810: ne uscì una chiesa neoclassica, con la quasi totale scomparsa del gotico della precedente chiesa. La chiesa fu benedetta e riaperta al culto nel dicembre 1810 con il titolo di San Pietro e San Marco. Altri lavori di restauro intercorsero tra il 1874 ed il 1879 e furono effettuati su progetto di Emilio Arboreo Vella: ed è in questa occasione che l'edificio fu consacrato, il 4 luglio 1879. Nel settembre del 1925 la chiesa fu sconvolta da un incendio e i lavori che ne seguirono, terminati nel 1929, portarono al totale rifacimento della decorazione interna ad opera di Luigi Morgari. All’esterno, la facciata è in stile neo-classico con colonne d’ordine corinzio. Sul lato sinistro della facciata esiste un monumento a Gagliaudo, appartenente al vecchio duomo, personaggio leggendario che durante l’assedio del Barbarossa ad Alessandria avrebbe salvato la città (1174).
Anticamente detta ‘piazza del grano’ fu a lungo utilizzata come sede del mercato degli ortaggi e dei cereali. E’ una tipica espressione dell’edilizia ottocentesca cittadina. L’obelisco, inaugurato nel 1878, su disegno del prof. Dellepiane, ricorda gli alessandrini caduti nei moti e nelle battaglie risorgimentali.
Tipico passaggio di gusto tardo ottocentesco prende il nome da Giovanni Guerci, impresario e costruttore alessandrino, esponente di una famiglia che alla fine dell’ottocento svolse un ruolo primario nella progettazione urbanistica della città. La galleria venne aperta al pubblico il 1° novembre 1895 per collegare via san Giacomo della Vittoria e via San Lorenzo. Fino a pochi anni permetteva l’accesso anche a via Ferrara; attualmente quel braccio della galleria è stato chiuso per trasformarlo in un esercizio commerciale, ma è possibile ancora notare l’insegna di metallo che indicava l’accesso alla galleria.
La Galleria è ancor oggi un luogo privato, appartenente agli eredi del costruttore, ma aperto al pubblico. Una volta all’anno i cancelli con cui può essere chiuso il passaggio vengono serrati, in modo da garantirne – seppure in maniera informale – la proprietà privata.
La sinagoga si trova nel centro storico di Alessandria, in via Milano, nell'area del vecchio ghetto. Fu costruita tra il 1867 e il 1871 su progetto dell'architetto Giovanni Roveda, è caratterizzata da una facciata in stile neogotico con tre ordini di finestre con lesene e sagomature bianche. Sempre sulla facciata si può notare una lapide in ricordo delle vittime dell'Olocausto. All'interno, al piano terra, si accede al tempietto invernale normalmente utilizzato per le funzioni e, attraverso un corridoio, si raggiunge la scala che conduce all'ampia sala al primo piano, illuminata da grandi finestre a vetri policromi. L'arca originale è andata distrutta durante i saccheggi della seconda guerra mondiale ed è stata sostituita, come anche i banchi con le sedute, da quella della sinagoga di Nizza Monferrato, smantellata nel 1937. Il matroneo, a loggiato con due ordini sovrapposti, è sulla parete d'ingresso.
Realizzata nel 1833 su disegno dell’architetto Leopoldo Valizone, fa parte del convento dei Padri Domenicani. L’intitolazione ricorda l’antico culto per la Vergine di Loreto, a cui era dedicata un’altra chiesa situata fuori dalle mura urbane in direzione nord e distrutta nell’assedio del 1745.
Fu realizzata tra il 1885 ed il 1900 su disegno dell’ing. Ludovico Straneo, direttore dell’ufficio Lavori Pubblici. E’ una delle più grandi piazze porticate del Piemonte.
Fu costruita sull’area dell’antico convento di San Matteo tra il 1886 ed il 1889 su progetto dell’architetto Giuseppe Boidi-Trotti e fa parte del complesso conventuale dei padri Cappuccini.
Divenne santuario nel 1933.
Una prima chiesa dedicata a Santa Maria fu costruita a titolo votivo dopo la peste del 1587 e completata nel 1590. Ampliata alla fine del Settecento e abbattuta per esigenze militari in epoca napoleonica, fu costruita nel 1818 su progetto dell’architetto Casalini, ma venne in parte distrutta dallo scoppio di una polveriera. La facciata attuale è un rifacimento del 1880.
Nel 1802, soppressi gli ordini religiosi dal regime napoleonico, il Convento dei Frati Minori Francescani, dove ora sorge il carcere di Piazza Don Soria venne trasformato in ospedale e, in seguito, in magazzino militare. Dopo la caduta di Napoleone e il ritorno dei Savoia, il governo piemontese stabilì di erigere su quest'area, sul lato destro della vecchia Piazza d'Acini (ora Piazza Matteotti e già Piazza Genova) il nuovo penitenziario.
Nel 1841 si gettarono le fondamenta e col progredire dei lavori si pose il problema di demolire anche la chiesa di S. Bernardino adiacente all'omonimo convento. La casa di pena fu ultimata nel 1844 ed aperta nel 1845. Formato da un corpo centrale da cui si diramano vari bracci, ha nel mezzo un ampio tempio di forma rotonda con cupola, dedicato a Maria Vergine Addolorata. Nel 1855 la cupola di questa chiesa fu rivestita di lamine di piombo per meglio proteggerla dalle intemperie. La chiesa, in seguito fu spostata sul lato destro e divenne cappella; l'ampia rotonda venne convertita in sala riunioni. La Chiesa di S. Bernardino non fu totalmente distrutta: quattro delle sei colonne della navata centrale della chiesa sono state inserite nel corpo di fabbrica del carcere e specificamente nell'ampia sala da cui si diparte il corridoio che immette nella struttura a forma di croce di S. Andrea con al centro la rotonda con la caratteristica alta cupola che fu la chiesa dell'Addolorata. Nella rotonda esiste tuttora un dipinto raffigurante il Cristo morto e l'Addolorata in pessimo stato di conservazione. Probabilmente si tratta del dipinto commissionato da Carlo Alberto per la chiesa del carcere nel 1848 al pittore alessandrino Francesco Mensi che la terminò nel 1853.
Fu costruita a metà Ottocento dal farmacista alessandrino, Giovanni Antonio Delavo, per celebrare il ricordo della battaglia di Marengo e della vittoria conseguita dal generale Bonaparte, di cui era appassionato cultore. Vi installò infatti un museo, dedicato a Napoleone, con reperti e cimeli dell’epoca. La villa presenta molte decorazioni prospettiche esterne, opera del maestro lombardo Gabetta, e decorazioni interne di Paolo Maggi. Altri artisti, come Francesco Mensi, vi realizzarono un grande dipinto con l’Apoteosi di Napoleone I, di cui oggi è visibile solo il disegno preparatorio, e Benedetto Cacciatori scolpì la statua di Bonaparte sistemata nel cortile d’onore del palazzo.
Nel 1857 la villa passò ai fratelli Cataldi di Genova.
Attualmente è sede del Marengo Museum (vedi scheda dedicata) che racconta la storia della battaglia di Marengo e della campagna d’Italia del 1800. Simbolo del Marengo Museum è la Piramide, edificata nel 2009 in piastrelle triangolari di ghisa dall’artista Alex Donadio, in ricordo di quella edificata da Napoleone, per ricordare la gloria della vittoria e i soldati caduti in battaglia, primo fra tutti il suo Generale Desaix.
Davanti al museo si trova una colonna con aquila di bronzo, installata dall’amministrazione di Alessandria, nel 1801, sottratta dagli austriaci dopo la caduta di Napoleone e riportata in loco nel 1918. All’esterno del Museo si estende il parco.